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Dalla sacralità del corpo all’apparenza nei social

Immagine del redattore: Saverio SansoneSaverio Sansone

Di come il corpo sia finito nella vetrina dei like e dell’imposizione di un modello ideale di bellezza, effimero, omologato e “impossibile”


Nel corso della storia il corpo umano ha sempre incarnato significati profondi e simbolici, rappresentando un tempio di bellezza e virtù.


Dalle statue greche che esaltavano una perfezione ideale, ai ritratti sacri del Rinascimento, dove ogni volto esprimeva dignità e interiorità, il corpo umano era visto come qualcosa di sacro, una manifestazione di bellezza divina e naturale.


Questa sacralità si rifletteva in ogni aspetto, non solo fisico ma anche in una dimensione spirituale.

Un esempio significativo si trova nel termine greco “perineos”, che significa letteralmente "intorno al monte sacro", riferito al perineo.


Questo ci mostra come ogni parte del corpo avesse un significato che andava oltre l’anatomia; il corpo era percepito come un ponte tra il mondo fisico e quello spirituale, carico di un valore profondo che doveva essere custodito e rispettato, venerato come un simbolo di connessione con il divino. Ogni sua parte parlava di equilibrio e armonia, in un linguaggio che univa il fisico e lo spirituale.


Ma poi qualcosa è cambiato.


Con il passare del tempo, il corpo ha cominciato a perdere quella dimensione simbolica e trascendente.


Le rappresentazioni si sono fatte più crude, più tangibili, come se il corpo fosse stato strappato dal piedistallo del sacro.


Le immagini del passato, fatte di armonia e bellezza, hanno lasciato spazio a scene di dolore e violenza corporea.


Il corpo torturato sui campi di battaglia e nelle prigioni è diventato il nuovo simbolo di fragilità.

Le guerre e gli omicidi, immortalati in fotografie e video, hanno trasformato il corpo in una testimonianza di sofferenza.


Con l’avvento del terrorismo, le immagini sono diventate ancora più disturbanti: corpi feriti e spezzati, esposti al mondo intero, non più come oggetti da custodire ma come meri strumenti di propaganda o orrore.


Il corpo è diventato un mezzo, non più un fine, allontanandosi sempre più dalla visione originaria di rispetto.


E ancora oggi, nel mondo dei media digitali, il corpo non trova pace.


Le rappresentazioni continuano a frammentarlo e a ridurlo a un’immagine filtrata, manipolata, svuotata nel suo significato originario, non più un simbolo di armonia superiore, ma piuttosto un oggetto da confrontare, modificare e approvare.

Ogni post, ogni selfie, ogni filtro contribuisce a delineare ideali di bellezza fugaci e omologati, che spesso celano insicurezze profonde e distorsioni percettive.


Per esempio, il cuore, che nell'antico Egitto rappresentava la sede dell'anima e veniva preservato durante la mummificazione per permettere al defunto di essere giudicato nell'aldilà, oggi si è ridotto a un’icona ("♥") che esprime un semplice consenso o approvazione momentanea sui social media.


Allo stesso modo, il volto, un tempo ritratto per esprimere la dignità e l’anima della persona, è ora trasformato e “filtrato” fino a diventare una maschera di bellezza ideale, approvata con un clic in pochi secondi.

Questa transizione, dal "corpo sacralizzato" al "corpo apparente", ci invita a riflettere su come i social media abbiano influenzato profondamente la nostra percezione e il nostro rapporto con il corpo.


Ogni parte di esso è divenuta un elemento da giudicare, confrontare e modificare in base a standard estetici sempre più irrealistici.


Specchio, specchio delle mie brame, chi è il più social del reame?

Nell’era delle immagini condivise e della connessione virtuale, il concetto di "ideale corporeo" è diventato sia più mutevole che, paradossalmente, più radicato.

Cosa significa oggi avere un "corpo ideale"? E come i social media hanno trasformato il nostro modo di percepire e inseguire questo ideale?

Riflettere su questi interrogativi è essenziale per comprendere come i social media influenzano le nostre rappresentazioni del corpo.


Gli ideali corporei: una costruzione culturale e sociale

Gli ideali corporei hanno radici profonde e attraversano ogni epoca.

Dalle sculture greche all’icona glamour di Hollywood fino alla magrezza androgina degli anni ‘90, ogni periodo storico ha creato la propria visione di bellezza.

Tuttavia, l’era digitale ha amplificato questa dinamica, trasformando i modelli di bellezza in un riferimento visivo onnipresente e, spesso, irraggiungibile.

Oggi queste immagini non sono più lontane, riservate alle riviste o ai cartelloni pubblicitari: invadono la nostra quotidianità attraverso i social media, aggiungendo un peso crescente nella costruzione dell’identità corporea.

 

Il ruolo dei social media nella percezione del sé

I social media non si limitano a riflettere ideali preesistenti, spesso li creano e li modellano.

Con piattaforme come Instagram e TikTok, l’ideale corporeo diventa un contenuto “democratico”, accessibile a chiunque con una fotocamera e un filtro.

Influencer, celebrità e utenti comuni contribuiscono a un collage digitale che promuove certi standard di bellezza, spingendo molti a confrontarsi con aspettative irrealistiche e alimentando insicurezze.

La dipendenza dai "mi piace" e dai commenti può trasformarsi in una pressione psicologica significativa, influenzando il benessere emotivo e l’autostima, con ricadute sul sistema mente-corpo.


Gli effetti sul sistema mente-corpo.

Non è un caso che la diffusione dei social media sia stata collegata a un aumento di ansia e depressione, soprattutto tra i giovani.

La ripetuta esposizione a corpi apparentemente perfetti può contribuire a una bassa autostima e persino a disturbi alimentari, specialmente in chi è vulnerabile alla pressione sociale.

È quindi cruciale affrontare questi temi non solo a livello personale, ma anche collettivo, promuovendo il concetto di accettazione corporea come antidoto al perfezionismo imposto dalla cultura dell’immagine.


Il caso emblematico e paradossale del successo mondiale del Pop Coreano, un fenomeno noto nel mondo come K-pop

Il ragguardevole successo a colpi di miliardi di streaming che si traducono in milioni di dollari del Pop Coreano trainato dai social e dalle piattaforme di streaming, è forgiato in vere e proprie case di produzione che sostituiscono quelle che in occidente sono le comuni etichette discografiche, siano esse indipendenti o appartenenti alle majors. Le case di produzione del K-pop hanno lasciato le definizioni e le dimensioni di etichette musicali per assumere quella di lifestyle & entertainment company. Spesso queste sono ospitate in veri e propri grattacieli su più piani dove si costruisce l’artista di successo, l’idol come viene chiamato in Corea, preselezionato in età adolescenziale o addirittura preadolescenziale, a 10 o 11 anni. Ogni piano è dedicato a una “componente” del prodotto: ci sono tutti i numerosi piani della tecnologia della pre e post produzione discografica, ma anche tutti i piani dedicati alla formazione dell’idol, musica, canto, danza, palestra e c’è anche il “piano” o comunque il momento della dieta ferrea e della chirurgia plastica, dove si plasmano e si modellano i tratti somatici e fisici della futura pop star. Qui i connotati dell’adolescente vengono corretti e ridisegnati sui canoni estetici considerati di successo. “Il k-pop è basato su una relazione parasociale tra artista e fan, che si comporta come se l’idolo di turno fosse il suo migliore amico o fidanzata/o. Di conseguenza gli idoli non possono avere preferenze sessuali e men che meno relazioni, e ogni aspetto della loro vita è standardizzato per piacere alla loro audience di riferimento” (da “L'industria del k-pop non assomiglia (ancora) alla nostra” in MusicBiz di Rockol del 02.10.24)


Movimenti inclusivi e accettazione corporea

A contrastare la standardizzazione della bellezza, sono emersi movimenti inclusivi come il body positivity e il body neutrality.

 Questi movimenti promuovono una visione più inclusiva dei corpi, celebrando la diversità delle forme e delle dimensioni.

Nonostante alcune critiche per la commercializzazione di tali messaggi, il movimento ha comunque creato uno spazio per discussioni più profonde sull’accettazione e l’inclusione.


Stereotipi e discriminazioni: oltre la superficie

Oltre alla pressione psicologica, gli ideali corporei hanno alimentato fenomeni discriminatori come il body shaming e la fatphobia, che si basano esclusivamente sull’aspetto fisico.

Contrastare questi stereotipi richiede un impegno collettivo verso una maggiore accettazione e rispetto per la diversità corporea, per costruire una società che non riduca il valore di una persona alla sua conformità a standard estetici.


Una nuova visione del corpo: accettazione e inclusione

Siamo davanti a una sfida importante: cambiare la narrazione attorno ai corpi e alla loro rappresentazione. Questo percorso richiede consapevolezza, educazione e un impegno collettivo per promuovere il rispetto e la comprensione della diversità corporea.

Il corpo umano, in tutta la sua unicità, merita di essere accolto e celebrato per ciò che è, lontano dagli standard imposti.


In conclusione, esplorare come i social media e le pressioni culturali influenzino il nostro rapporto con il corpo è un invito alla riflessione sul proprio percorso di accettazione. Costruire una nuova visione del corpo richiede un impegno quotidiano e collettivo: solo così possiamo promuovere un ambiente che abbracci la diversità e rispetti la dignità di ogni individuo.

 

 

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