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Disturbi dell’olfatto, disosmie e relazioni con il COVID - 19



I disturbi dell’olfatto, disosmie e relazioni con il COVID - 19.


Tra i disturbi più frequenti maggiormente riferiti dai pazienti con Sars-Covid 2 con sintomatologia lieve-moderata troviamo le “disosmie”, ossia l’alterazione, temporanea o permanente del senso dell’olfatto. Esse sono state inserite di recente dall’Istituto Superiore di Sanità e dai Center for Disease Control and Prevention (C.D.C.), nella lista dei sintomi COVID - 19, come voce “perdita dell’olfatto e del gusto”.



D - Che cos’è l’olfatto e quali sono i disturbi ad esso associati?


R - L’olfatto è la capacità di percepire gli odori. Trae origine dalla funzione neuronale che parte dai recettori presenti nel naso (parte alta del setto nasale, turbinato superiore e volta nella cavità nasale), attraversa tutta la via olfattiva per arrivare all’area olfattoria primaria della corteccia pre-ippocampale.

I disturbi della funzione olfattoria possono derivare da un’alterata trasmissione o da un’alterata percezione.

Le alterazioni delle funzioni olfattive sono essenzialmente divise in due gruppi: alterazioni quantitative e alterazioni qualitative.

Quelle quantitative sono: Iperosmia, ovvero l’aumentata percezione degli odori. Anosmia, ossia perdita o assenza completa dell’olfatto. Iposmia, cioè la ridotta percezione degli odori.

Quelle di tipo qualitativo sono: Parosmia, alterazione percettiva olfattiva in presenza di uno stimolo (gli odori sono percepiti in modo erroneo o scambiati uno per l’altro).

Fantosmia, percezione di sensazioni olfattive in assenza di uno stimolo (percezione di un odore in assenza di esso).

Cacosmia, percezione spropositata di cattivi odori (in presenza di uno stimolo la percezione è sempre di un forte odore sgradevole)

Tali disordini possono essere transitori o permanenti.

Le cause possono essere dovute ad un’alterazione di trasmissione, a delle turbe percettive (neurali) o anche ad un difetto di conduzione. Le alterazioni di tipo quantitativo come l’Iperosmia possono dipendere da modificazioni ormonali della tiroide, da quelle che si hanno in gravidanza o in menopausa. Possono avere origine da malattia del sistema nervoso o da disturbi della sfera neuro-psichica.

Iposmia e anosmia invece possono avere cause traumatiche (traumi cranici, traumi dell’etmoide, traumi facciali) che in diverso modo danneggiano le terminazioni nervose delle cellule olfattorie.

Cause infettive: riniti, sinusiti, infezioni virali, ecc.

Cause meccaniche che impediscono all’aria inspirata di arrivare al sito olfattivo e stimolarlo (ad esempio polipi, tumori nasali o rinofaringei, deviazioni del setto, ipertrofia dei turbinati, ecc.)

Processi patologici a carico del sistema nervoso centrale (neoplasie, malattie degenerative, polinevriti, sclerosi multipla).

Inalazioni di sostanze irritanti (gas tossici, caustici, cocaina, ecc.)

Atrofia della mucosa olfattiva.

Le alterazioni qualitative invece possono presentarsi durante gli episodi influenzali, sinusiti acute o croniche, in corso di affezioni bronchiali, gastriche o epatiche, nelle tonsilliti caseose, in presenza di corpi estranei endonasali, in caso di patologie a carico del sistema nervoso centrale.

La disosmia dunque non è una patologia, ma un sintomo che va valutato in un più ampio contesto, poiché è una manifestazione clinica di un quadro più complesso.

D - Sappiamo che può esservi una relazione fra i disturbi dell’olfatto e la comparsa del Covid 19, in che modo avviene?


R - Sono state individuate delle correlazioni fra le alterazioni olfattive e il COVID -19.

Di recente l'Istituto Superiore Della Sanità e i Center For Disease Control and Prevention (CDC) americani hanno aggiunto nella lista dei sintomi COVID -19 la voce “perdita dell’olfatto e del gusto”.

Le disosmie difatti sembrano essere uno dei sintomi più ricorrenti e costanti dell'infezione da Sars – COVID -2.

La ricerca italiana condotta da un team di ricercatori Dell'Università di Padova e Trieste, Centro Oncologico di Aviano e del King’s College, insieme ai primi dati provenienti da Cina, Corea del sud e Italia, dimostrano che circa il 60% dei pazienti con diagnosi di COVID -19 ha avuto l’alterazione o perdita dell’olfatto e addirittura l'80% soffre di alterazione del gusto.

“Non sento gli odori” è uno dei disturbi maggiormente riferiti dai pazienti. I sintomi sembrano insorgere nella fase intermedia della malattia. Viene rilevata precedentemente una forte secchezza delle mucose nasali. In generale si presenta nelle forme di gravità lieve-moderata di malattia, non in quelle più gravi. I sintomi sono più frequenti nelle donne che negli uomini in prevalenza giovani. Tutto ciò suggerisce che in presenza di Disosmie e Ageusia anche senza ostruzione nasale si possa pensare ad una possibile infezione da Sars – COVID - 2.

La perdita della capacità di percepire gli odori in modo corretto non è insolita nelle forme virali. E’ caratteristica infatti anche del RHINOVIRUS da raffreddore e di alcuni virus parainfluenzali e influenzali come conseguenza di una reazione infiammatoria della mucosa nasale. Questo conferma ragionevolmente che ci possa essere una relazione tra il numero crescente di pazienti con Disosmia e l’attuale pandemia. Che la Disosmia/Anosmia possa essere altamente predittiva del COVID -19 lo segnala anche uno studio disponibile su Laryngology Investigative Otolaryngology.


D - In che modo entra in gioco il virus?

R - L’ipotesi è che accanto alle vie classiche di invasione respiratoria, intestinale, cutanea ed ematogena, il virus possa utilizzare la via nasale per raggiungere l’encefalo. Come già ho accennato infatti i disturbi dell’olfatto possono dipendere da una alterata trasmissione, da un’alterata percezione (neurale) o anche da un difetto di conduzione. La forma trasmissiva è collegata all’edema della mucosa nasale infiammata.

Quando la mucosa si decongestiona, il sintomo sparisce. La forma neurale a carico dell’epitelio olfattivo è più complessa: il virus penetra nella cellula attraverso i recettori (ACE-2) e la distrugge, con sequele olfattive importanti. La prima forma, trasmissiva, sembra verificarsi in una bassa percentuale dei pazienti COVID con un recupero veloce della sintomatologia. La forma neurale invece porta ad un recupero più lento (mai oltre le 4-5 settimane) e a volte un danno permanente.


D - Come aiutare il recupero a seguito di infezione da COVID – 19?


R - La perdita dell’olfatto associata al COVID-19 non è irrimediabile. Ha una durata media di 8-9 giorni, ma in alcuni pazienti può prolungarsi per diverse settimane. Per favorire il recupero è possibile allenarsi con semplici esercizi. I protocolli di allenamento devono essere adattati al meccanismo di azione del virus sul sistema olfattivo, per questo si tiene conto di alcune competenze specifiche, come quelle dei professionisti del vino e dei profumi. Circa l’86% delle persone colpite dal COVID-19 riscontra un calo delle prestazioni olfattive di una durata media di 8-9 giorni, che in alcuni può prolungarsi per diverse settimane. A ciò si può rimediare.

E’ possibile fare degli esercizi per favorire o velocizzare il recupero delle capacità olfattive. L’allenamento olfattivo dovrebbe facilitare il recupero funzionale dell’olfatto, migliorando la sensibilità agli odori nonché la capacità di riconoscerli e individuarli. Inoltre, recuperando questo senso migliorerà anche l’apparato respiratorio e digestivo.

“I professionisti dell’olfatto” sviluppano, spesso a loro insaputa, abilità olfattive eccezionali che in questo caso è possibile sfruttare. I protocolli di allenamento devono essere adattati al meccanismo di azione del virus sul sistema olfattivo. Il virus provoca un’infiammazione dei tessuti con ostruzione nasale, ostacolando quindi l’accesso alle cellule recettive, ovvero i neuroni olfattivi, con la conseguente riduzione delle capacità di percezione e individuazione degli odori da parte dei soggetti colpiti.




D - Quindi ci sono degli esercizi specifici?

R - Certo. Ecco alcuni metodi di allenamento: allenamento mediante immagini mentali olfattive.


All’inizio le fosse nasali sono ostruite, non avrebbe quindi senso esercitarsi ad annusare i campioni odorosi; questo esercizio sarà utile in un secondo momento. E’ invece opportuno allenarsi col meccanismo di campionare l’aria, la cosiddetta aria annusata (secondo la sindrome di Proust gli odori sono in grado di richiamare alla memoria ricordi ed emozioni del passato. La memoria olfattiva).

Il primo esercizio utile potrebbe riguardare la percezione di un’immagine mentale olfattiva.

Qual è lo scopo? Stimolando le capacità di immaginare gli odori in assenza della fonte odorosa, viene creata un’allucinazione olfattiva su richiesta cercando di percepire l’odore.

Questa attitudine è molto usata dai professionisti del vino e dei profumi (“i professionisti dell’olfatto”).

Anticamente presso i pastifici vesuviani, dove la pasta veniva asciugata all’aperto, c’era un professionista che veniva definito “il ragazzo dell’attico”. Costui saliva sull’attico del mulino e annusando l’aria era in grado di percepire il livello di umidità e l’incontro di correnti che provenivano dal mare e dal Vesuvio, l’incontro creava il clima ideale per asciugare la pasta.


Esercizio n. 1 Immagine olfattiva


L’esercizio si pratica in un ambiente tranquillo e olfattivamente neutro (soprattutto per le persone affette da iposomia); si chiede al paziente di provare a immaginare un odore familiare, ritenuto gradevole oppure sgradevole. Non si tratta di visualizzare mentalmente la fonte odorosa (sebbene questa può essere d’aiuto) ma piuttosto di cercare di percepire l’odore. Poiché non si tratta di un esercizio abituale, la creazione di un’immagine mentale olfattiva può essere incentivata dalle azioni seguenti: chiudere gli occhi, mimare di annusare, immaginare una situazione concreta. Es.: per evocare l’odore del limone è possibile immaginare di essere in cucina nell’atto di affettare il frutto, oppure ricordare le cose che gustavamo di più (gelato, dolci, caramelle ecc…). L’immagine mentale olfattiva sfrutta determinati meccanismi neurofisiologici che vengono attivati durante la percezione oggettiva. Attraverso misure eseguite con immagini cerebrali, è stato possibile dimostrare che le aree cerebrali attivate dall’immagine mentale olfattiva sono simili a quelle attivate dall’annusata di una reale sostanza odorante.

In uno studio condotto su diversi enologi è stato dimostrato che questa attività mentale è altrettanto efficace rispetto all’esposizione ripetuta a sostanze odorose reali e differenti.

Con il metodo dell’immagine mentale olfattiva i soggetti hanno aumentato la loro sensibilità e capacità di individuazione degli odori.

E’ importante svolgere questo esercizio quotidianamente concentrandosi sugli stessi odori per una decina di giorni, si consiglia di immaginare due odori al giorno per alcuni minuti. Trascorso tale periodo è possibile eseguire lo stesso esercizio con due elementi nuovi.


Esercizio n. 2 Allenamento mediante esposizione ripetuta agli odori



In un secondo momento, dopo aver riacquistato una certa sensibilità olfattiva, è possibile esercitarsi mediante l’esposizione ripetuta a diverse sostanze odorose.

L’esposizione quotidiana a odoranti quali profumi, spezie, oli essenziali, aromi dolci e così via, può modificare la sensibilità e la capacità di distinguere e individuare gli odoranti utilizzati per allenarsi.

L’allenamento mediante esposizione ripetuta permette, ad esempio, ai soggetti affetti da anosmie specifiche di riacquistare in parte la sensibiltà.

Inoltre l’annusare e sniffare ripetutamente dei vini, così come la degustazione degli stessi, consente di migliorare la capacità di distinguerli.

Alcuni autori sostengono e hanno dimostrato che un’esposizione prolungata a un unico odorante (per meno di 5 minuti) aumenta la capacità di distinguere sostanze odorose affini in termini di qualità olfattiva o di struttura chimica (molecole con proprietà chimiche identiche).

Traendo spunto dai suddetti studi è interessante notare e provare a distinguere e a confrontare tra loro diversi odori; ad esempio, confrontare l’odore di una scorza d’arancio con quello di una scorza di limone;

l’odore del caffè e quello del cioccolato, l’odore dei chiodi di garofano e quella della noce moscata….

Concentrare quindi l’attenzione sulle differenze tra i vari odori e cercare di descrivere verbalmente tali differenze.

Il semplice allenamento mediante l’esposizione ripetuta produce effetti fisiologici direttamente a livello

dell’epitelio olfattivo e del bulbo olfattivo; tali effetti possono provocare cambiamenti neuronali che a loro volta influiscono sul tratto cerebrale dell’informazione olfattiva.

Per aumentare l’efficacia di questo esercizio è opportuno adottare alcune precauzioni (Tempere et., 2012) scegliere un momento di calma (la mattina prima di fare colazione e prima di profumarsi in modo da evitare odori superflui) e un ambiente olfattivamente neutro, quindi annusare gli odoranti selezionati.

Per questo tipo di allenamento è consigliabile scegliere odori piuttosto intensi, al fine di ridurre cambiamenti fisiologici. Non è tuttavia necessario utilizzare concentrazioni specifiche. Patel et al. (2017) hanno dimostrato l’efficacia dell’uso di oli essenziali (rosa, eucalipto, limone e chiodi di garofano) in concentrazioni non controllate, per l’allenamento olfattivo in soggetti che presentano disturbi generali dell’olfatto.

L’esercizio consiste nell’annusare ripetutamente ogni sostanza odorosa per circa trenta secondi. Da ripetere ogni giorno per diverse settimane (da 1 a 3 mesi). Successivamente è possibile prolungare l’allenamento eseguendo lo stesso esercizio con altri odoranti.

Questi esercizi possono essere eseguiti ad occhi chiusi ma anche pronunciando il nome della sostanza odorosa. L’associazione nome-odore facilita il processo di recupero delle informazioni in memoria.

Si noti che questi esercizi possono essere eseguiti anche in condizione di percezione normale, ossia in assenza di disturbi generali dell’olfatto.

Si dimostrano efficaci, ad esempio, anche in caso di anosmie specifiche.

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